Il clima impazzito presenta il conto

Il clima impazzito presenta il conto: Italia terza nell’Ue per eventi estremi. Il surriscaldamento ha fatto grandi danni all’agricoltura, ma anche l’innalzamento della temperatura dei mari ha inciso sulla produzione ittica.

Gli ecosistemi ambientali non sono le uniche vittime dei cambiamenti climatici. Il susseguirsi di eventi meteorologici estremi produce danni rilevanti anche sul piano economico e sociale.

I dati dell’Organizzazione meteorologica mondiale (Omm) sono stati raccolti ed elaborati nel rapporto “Tra siccità e alluvioni: il clima ci presenta il conto”, messo a punto dal centro studi Divulga. Lo studio evidenzia che, oltre alla popolazione mondiale – dove più di 700 milioni di persone, secondo la Fao, nel 2022 hanno sofferto la fame – a risentire degli effetti del clima impazzito sono i settori produttivi particolarmente legati alle risorse naturali.

La maggiore frequenza di eventi meteorologici estremi, infatti, riduce la produttività agricola per l’intensificarsi dei fenomeni di desertificazione e degrado del suolo. Anche la produttività ittica è minacciata dal continuo riscaldamento e dall’acidificazione degli oceani e dei mari. Di conseguenza, cresce l’esposizione della popolazione mondiale all’insicurezza alimentare.

Il 2022, come riportato dall’Omm, è stato il più caldo di sempre in termini di temperatura superficiale annuale per numerosi Paesi europei. La situazione dell’Italia è preoccupante: secondo la Banca dati europea sui fenomeni meteorologici locali violenti, il nostro Paese è al terzo posto per eventi estremi: dall’inizio dell’estate alla fine di ottobre 2023 se ne sono registrati più di 20 al giorno. Un altro allarme da non sottovalutare riguarda la siccità. Stando ai dati dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), nel 2022 la temperatura media in Italia ha fatto registrare un innalzamento di 1,12 gradi rispetto al periodo 1990-2020, mentre le precipitazioni hanno subìto una riduzione del 21 per cento. Le conseguenze potrebbero essere pesanti soprattutto perché – rileva il rapporto – la capacità di accumulo dell’acqua piovana è ancora troppo limitata.

A causa del riscaldamento le aree destinate all’agricoltura e all’allevamento diventeranno sempre più inadatte dal punto di vista climatico. La Fao stima che entro il 2050 nel mondo scomparirà il 10 per cento di terreni agricoli e pascoli e che entro la fine del secolo la percentuale salirà al 30 per cento.

(fonte la Repubblica)